CARRI ARMATI ITALIANI (I)

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  • Titolo: CARRI ARMATI ITALIANI (I)
  • Codice EAN 13: 9791255210962
  • Autore: Battistelli Pier Paolo
  • Editore: Leg edizioni
  • Collana: B.a.m. armi
  • N° Pagine: 200
  • Dimensioni (cm): 17,00 x 24,00
  • Rilegatura: Brossura con alette




Contenuto

Alla fine della Grande Guerra sino ai primi anni del Secondo
conflitto mondiale, l’Italia creò una propria forza corazzata
dotata soprattutto di carri armati leggeri,
particolarmente adatti, secondo le teorie dell’epoca, ai terreni
montani dei confini settentrionali della penisola. Il FIAT
3000, basato sull’FT francese, fu il primo carro prdotto in
serie, anche se non fece in tempo a partecipare alla Prima
guerra mondiale. In seguito apparvero i carri veloci (poi
denominati carri leggeri), piccoli e sprovvisti di torretta
girevole, che, nonostante i soprannomi assegnati loro
come “scatola di sardine”, si dimostrarono adatti alla meccanizzazione
di massa. Le esperienze sul campo fatte in
Africa orientale e in Spagna misero in evidenza i limiti di
questi veicoli e portarono a un loro impiego sempre più
limitato finché non furono disponibili il carro leggero L6 e i
suoi derivati e i medi M11 e poi M13, M14 e M15.
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel giugno del 1940, le
prime azioni affrontate in Francia, nei Balcani e in Africa settentrionale
e orientale ebbero in genere esito disastroso,
ma a partire dagli inizi del 1941 le truppe corazzate italiane
seppero dimostrare capacità e coraggio, pur nella generale
inferiorità di materiali nei confronti degli avversari e
dell’alleato tedesco. L’apparizione dei semoventi migliorò
la situazione italiana, ma i mezzi disponibili risultavano ancora insufficienti. Gli equipaggi seppero supplire alle
mancanze tecniche e di comando, in particolare in Africa
settentrionale sino alla resa in Tunisia (maggio 1943), servendo
nelle celebri divisioni corazzate “Ariete”, “Littorio”
e “Centauro” e nella divisione motorizzata “Trieste”. Dopo
l’armistizio dell’8 settembre i corazzati italiani continuarono
a combattere nella Repubblica Sociale Italiana e
presso reparti tedeschi, fino all’aprile del 1945.


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